Sheik Abdo è portavoce della “Proposta di pace”. Viene dal sud della Siria, nelle vicinanze di Homs, dove ha lavorato inizialmente come maestro elementare. Con lo scoppiare delle manifestazioni contro il regime di Bashar Al-Asad, nel marzo 2011, istituisce una clinica per il trattamento dei feriti nelle manifestazioni civili di protesta, impossibilitati a ricevere cure da parte del sistema sanitario istituzionale. Nell’agosto del 2011 scopre di essere ricercato dalle forze governative siriane e insieme alla moglie, lascia la Siria e si reca nel nord del Libano dove nel 2012 apre una clinica gratuita per curare i siriani malati e feriti ad Akkar. Le autorità libanesi dopo alcuni mesi hanno richiesto la chiusura della piccola clinica informale e lo hanno incarcerato. Dal 2018 è in Italia grazie a un corridoio umanitario.
Operazione Colomba è una delle tante forme che ha la Comunità Papa Giovanni XXIII di mettersi al fianco di chi è povero, emarginato, di chi ha subito violenza, nello specifico di chi è vittima della guerra.
La presenza al fianco dei profughi in Libano è nata non tanto con l’intenzione di fare qualcosa, ma con una modalità di pensare al contrario: andare a vivere con le persone senza avere nessuna idea preconcetta in testa. “Siamo andati in alcuni campi profughi nel Nord del paese, nella zona più povera e meno sottoposta a pressioni di gruppi militari come Hezbollah – racconta Alberto Capannini, referente dell’equipe Libano-Proposta di Pace -. Nell’ascolto dei profughi è venuto fuori un bisogno di sicurezza. In Libano i siriani non hanno documenti né lavoro, i bimbi e ragazzi non possono andare a scuola, l’accesso alla sanità è quasi impossibile. Come italiani potevamo dar loro una mano in queste cose e in più potevamo proteggerli, accompagnandoli ai checkpoint, evitandone gli arresti.
La nostra risposta di si potrebbe dividere in tre parti: sull’oggi sul domani e sul dopodomani. Ascoltare oggi vuol dire vivere nel campo con loro. Ascoltare domani può significare aiutarli ad avere delle cure mediche, andare a scuola, portarli in Italia… Pensare al dopodomani è una prospettiva più lunga. Se cammino per strada e do l’elemosina a qualcuno rispondo al bisogno di questo istante, è il prezzo che pago perché esca dalla mia vita. Se penso al domani lo informo che può trovare aiuto in Caritas o in Papa Giovanni. Se penso al dopodomani gli chiedo che storia ha, da dove viene, cosa faceva nel suo paese e come posso dargli una mano. E’ una prospettiva molto diversa. Uno è l’ascolto frettoloso, l’altro invece di qualcuno che ti vuol bene.
La proposta di Pace è questa terza prospettiva, provare ad accogliere il bisogno più profondo… dargli una mano per tornare a casa loro, in Siria. E’ l’attenzione rispetto a quello che queste persone ci chiedono, nel profondo. Perché non sono persone che ci scocciano, sono persone che invece vengono a darci una prospettiva che non avevamo. Mi interessa la guerra in Siria solamente se sono legato a queste persone… altrimenti perché proprio la guerra in Siria e non in Yemen o Sudan o qualsiasi altra guerra?”
Abdel Rahim Hysan, “Sheik Abdo” è il portavoce della Proposta di Pace. Nel 2012 arriva in Libano come rifugiato e diventa volontario dell’Unhcr (L’agenzia Onu per la protezione dei rifugiati ndr). In Siria era un insegnante e attivista nonviolento. Gli abbiamo chiesto di raccontarci come nasce e cos’è la Proposta.
“Nel 2014 succede una cosa molto grave: nonostante fossi sotto protezione Onu vengo incarcerato. Quando esco dal carcere capisco che manipolazione grande ci sia dietro la sofferenza dei rifugiati. Hezbollah in Libano ha insediato un Unhcr fatta di spionaggio e disonestà, e il desiderio di giustizia dei rifugiati viene tradito e strumentalizzato. Basti pensare che quando un rifugiato viene messo in carcere Unhcr paga per liberarlo… è un sistema malato in cui l’Onu da dei soldi e il governo per prenderli arresta le persone con qualsiasi accusa.
Non esisteva nessuna vera tutela per i rifugiati neppure a livello internazionale. Mi convinco che che ci vuole una “madre” per i rifugiati, qualcuno che se ne prenda cura.
Così nasce la Proposta di Pace. Senza soldi, dunque senza nessuna possibilità di sfruttarla per farsi lo stipendio, e attraverso l’ascolto delle persone sul campo, dei rifugiati veri
Spesso l’attivismo in Siria è da privilegiati, chi ha un certo stile di vita, un certo ceto ‘cittadino’ crea associazioni beneficiarie di aiuti umanitari, persone che vengono dalle città e mai dalle periferie…
Il Libano è piccolo e ci sono tantissimi profughi, ma ci sono anche tantissime organizzazioni e fondi internazionali… allora perché ci manca tutto? Perché non riusciamo ad avere una vita dignitosa e nessuno ci ascolta? Dove sono tutti gli aiuti che arrivano? Come dare voce davvero ai siriani?
Operazione Colomba è stata la risposta a ciò che chiedevamo. Degli europei che vivevano in un campo profughi e bevevano e mangiavano quello che mangiano i profughi… era impensabile che dei bianchi, degli italiani, potessero vivere come viviamo noi, addirittura i nostri stessi attivisti e filantropi siriani non lo farebbero mai… Operazione Colomba lo fa!!! Per me è stata una rivoluzione. Potevano dare delle lezioni su quali siano i problemi dei profughi, ci sono entrati dentro e sono diventati i loro problemi…loro conoscevano tutti i programmi degli aiuti e anche di cose che nessuno di noi sapeva… noi non sapevamo come accedere ad alcuni aiuti, con loro siamo riusciti ad affrontare delle emergenze. Grazie alla Colomba abbiamo portato la voce dei veri profughi anche dentro le associazioni e le organizzazioni internazionali.
Il fatto che la Colomba non desse i soldi al governo per essere lì ci ha rassicurati, nessuno poteva corromperli. E poi loro hanno capito il bisogno di libertà dei siriani perché è il loro stesso bisogno di libertà.
La proposta di pace, nasce così, in modo molto semplice… dall’agenda che avevano le Colombe per i profughi: ho bisogno di cibo, di documenti di sangue per trasfusioni, di scuola, di curare i figli di ritrovare gli scomparsi, di raccontarti la mia storia. La proposta di pace nasce ascoltando questi bisogni. Ho bisogno di tornare a casa mia, ho bisogno di essere libero e quindi ho bisogno di una zona umanitaria sicura… Operazione Colomba ascolta la voce di chi ha bisogno e la fa diventare più forte e ascoltata. Ma non solo: insieme alla Colomba abbiamo imparato a sognare e la proposta non è solo nostra ma di tutti. Quando ci si siede ai tavoli c’è sempre una politica di contrapposizione e lo scopo è tenere il paese diviso, in modo da potere stare sotto una dittatura. Per questo la PDP è rivoluzionaria ed è l’unica via: non chiede di indentificarsi nell’una o nell’altra parte, non parteggia ma chiede libertà per tutti”.
La Proposta di Pace è aperta a ogni contributo, e chiede il ritorno in Siria in zone umanitarie sicure e nonviolente dove non possano entrare eserciti e gruppi armati.
Sostenerla vuol dire, in concreto, poter fare diverse cose. Come gesto vero e educativo è una proposta incompleta: richiede che le persone si coinvolgano perché è enorme. Non c’è una forma preordinata di coinvolgimento. Le Associazioni possono aderire e diffonderla, ai privati possono incontrare i profughi, accoglierli in Italia, fare un viaggio in Libano quando sarà possibile, fare pressioni sui governi e a livello internazionale. Operazione Colomba sta mettendo in rete esperienze di nonviolenza nel mondo (Siria, Colombia, Palestina)
E’ una proposta che chiede l’anima più che il portafoglio. Dietro la guerra c’è una forza organizzata che pesca negli istinti più bassi, nella paura, nella chiusura. Qui c’è una forza rinnovatrice nuova e viva. Quella di Gesù, di Gandhi, di Martin Luther King.
“Noi siamo parte di un mondo, non di uno stato e basta – conclude Sheik -. Se ci fosse un solo paese in guerra in tutto il mondo sarebbe il mondo intero a non stare in pace. La guerra è una enorme ingiustizia. L’Europa chiude le frontiere ma non va alla fondo del problema: eliminare la guerra. La Pace è un dovere di tutti. Un domani se potrò tornare in Siria e ci sarà una guerra nel mondo io andrò e dirò ai miei figli di andare, come testimoni di Pace, come Colombe”