Laila Simoncelli classe ’68, avvocato, collabora con la APG23 in materia di tratta degli esseri umani,diritto internazionale e dell’immigrazione.Negli anni ’90 impegnata in Ex Jugoslavia al fianco delle vittime del conflitto dei Balcani. Missionaria in India e Africa per un decennio a favore della tutela internazionale delle donne e dell’infanzia. Attualmente esercita la professione forense con particolare impegno a favore dei migranti e per la tutela dei diritti umani.
La guerra che orienta le risorse all’acquisto di armi e allo sforzo militare, distogliendole dalle funzioni vitali di una società, quali il sostegno alle famiglie, alla sanità e all’istruzione, è contraria alla ragione, secondo l’insegnamento di san Giovanni XXIII. Essa è una follia, perché è folle distruggere case, ponti, fabbriche, ospedali, uccidere persone e annientare risorse anziché costruire relazioni umane ed economiche. E’ una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare mai“. Così Papa Francesco, ha definito la guerra.
Non è la prima volta che il Santo Padre parla della piaga della guerra che affligge diversi stati. Nel 2014, nel corso della celebrazione eucaristica nel Sacrario Militare di Redipuglia, Papa Francesco ha osservato che mentre il Signore “porta avanti la sua creazione e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera”, la guerra “distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano”. Il vescovo di Roma, ha sottolineato che “la guerra non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme e papà. Anche oggi – ha affermato – dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra mondiale combattuta ‘a pezzi’, con crimini, massacri, distruzioni”.
Parole che suonano attuali ancora oggi, in un mondo flagellato da sanguinosi conflitti. Secondo uno studio del Norwegian Refugee Council, pubblicato a giugno 2019, il numero di guerre che flagellano la Terra, è tristemente alto. Dallo studio emerge che la maggior parte di queste situazioni critiche è dimenticata dal mondo occidentale.
“Gli uomini hanno sempre organizzato la guerra. E’ arrivata l’ora di organizzare la pace“, scriveva nel 2001 don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, in una lettera al Presidente del Consiglio nella quale chiedeva l’istituzione di un Ministero della Pace. L’Apg23 porta avanti una campagna di sensibilizzazione per chiedere “una cabina di regia istituzionale per dar vita a un nuovo sistema per la promozione della pace”. In occasione della Giornata Internazionale del Multilateralismo e della Diplomazia per la Pace, istituita dalle Nazioni Unite con la risoluzione del 12 dicembre 2018 (documento A/73/L43),
Le stime dell’Osservatorio Milex degli ultimi due anni ci parlano di una spesa militare di circa 25 miliardi di euro nel 2019, (cioè 1,40% rispetto al PIL) e di oltre 26 miliardi di euro previsti per il 2020 (cioè l’1,43% rispetto al PIL), quindi quasi ai massimi dell’ultimo decennio. Tutti questi fondi servono a finanziare e ad investire in caccia F35, un solo acquisto vale 15 miliardi, le fregate, le portaerei, elicotteri, missili, senza parlare dei 7 miliardi svincolati dal MISE e Difesa per i mezzi blindati e per produzione militare aggiudicata a Leonardo. Sono numeri impressionanti se si pensa che invece nell’ultimo decennio secondo i dati dell’Osservatorio GIMBE sul Servizio Sanitario Nazionale sono stati soppressi oltre 43.000 posti di lavoro e un definanziamento complessivo di 37 miliardi e una perdita di posti letto per abitante superiore a quella della media europea. E’ sempre doloroso soprattutto di questi tempi pensare al perché continui ad esistere di tutta questa economia di morte.
E’ evidente che la diffusione del COVID-19 ha aggravato le criticità di tutte le regioni già colpite dalle guerre e dalle crisi umanitarie di più vaste dimensioni, specialmente in Africa. Nella regione del Sahel, in Africa occidentale, il conflitto armato e gli attacchi ai danni dei civili hanno costretto alla fuga quasi 3 milioni di persone, di cui quasi un milione a partire da gennaio 2019, e oltre 5 milioni di persone ora devono sopravvivere con ridotte scorte alimentari. La pandemia ha portato alla chiusura delle frontiere e incrementato ulteriormente la pressione su sistemi sanitari fragili ed economie deboli. Le restrizioni dovute alla pandemia potrebbero spingere quanti necessitano di protezione internazionale a tentare soluzioni ancor più rischiose e pericolose pur di varcare le frontiere, mentre dall’altra parte abbiamo un’Europa che si chiude a riccio e sbarra i porti del Mediterraneo. Solo dal 5 all’11 aprile, sono quasi 1000 le persone che sono state segnalate in mare. Fra loro centinaia di minori, donne incinte e ancora tanti naufragi e morti. Inutile dire che l’epidemia di COVID-19 non può giustificare la sospensione degli obblighi degli Stati in materia di salvataggio in mare, né si può tollerare che ci siano vite di serie A e di serie B da salvare.
Che cos’è il Ministero della Pace, la cui creazione è promossa dall’Apg23?
E’ una nuova istituzione, un nuovo assetto nell’organizzazione ministeriale per una nuova ‘era’ che finalmente dia espressione a tutti questi spazi costituzionali ancora inattuati, si pensi al ripudio della guerra di cui all’art.11 Cost, alla Difesa nonviolenta e non armata della Patria (art.52 Cost) ad un nuovo concetto di Difesa come Protezione emancipata dal cappio militare. Un nuovo paradigma di sicurezza e solidarietà universale e che dia finalmente Casa e Dignità ai costruttori di Pace, realizzando così l’obiettivo 16 dell’agenda 2030 per lo sviluppo umano sostenibile. Il Ministero della Pace offrirebbe una nuova architettura organizzativo-istituzionale per la pace, garantirebbe un dialogo illuminato per elevare, articolare, indagare e facilitare soluzioni strategiche non violente ai conflitti interni e internazionali. Se a livello nazionale rari sono gli studi giuridici che indagano questa ‘nuova visione amministrativa ed organizzativa’, la Campagna dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ‘Il Ministero della Pace-Una Scelta di Governo‘, che tra l’altro vede tra i partners Il Centro di Ateneo per i Diritti Umani ‘Antonio Papisca’, e la rispettiva Call Internazionale ‘Calling for Ministries of Peace all around the World A move forward in the implementation of the right to peace‘ sono una chiamata al futuro”.
Tutte le nazioni un impegno grande se lo sono già preso da tempo sin dal 1945 e dal 1948 con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani a protezione degli uomini e della nostra casa comune la Terra. Basterebbe che rispettassero con le azioni quegli impegni; iniziassero a disarmarsi a riconvertire l’industria bellica, ridurre le spese militari, a interrompere subito le emissioni di Co2 nel pianeta, a condividere i beni degli Stati più ricchi con quelli più poveri che soffrono fame, carestie e conflitti rendendo concreta e fattiva la solidarietà internazionale.
La pace si costruisce con i fatti, rifiutando l’odio e la violenza aprendoci ad una solidarietà e fratellanza universale operosa, creativa, che purtroppo non può alimentarsi e trovare spazio, in anime e cuori, comunità popoli e nazioni che guardano solo a sé stessi e ai propri interessi. La pace cresce quando non dimentichiamo che la vita e la dignità di ogni un uomo sono un dono infinito che siamo invitati a condividerla in questa casa comune di cui ci dobbiamo prendere cura, a partire dalla nostra quotidianità e dalla persona più prossima a noi.
Giovanna Fattori è nata nel 1964 a Lonigo (Vicenza)ed è entrata nella Comunità Papa Giovanni XXIII nel 1991. E’ consacrata dal 1993 ed ha vissuto 10 anni nel campo nomadi di Rimini. E’ partita per la prima volta in missione nel 2001, per l’India. E’ in Srilanka dal 2016 a Ratnapura, una città nel sud ovest, 100 km più a sud della capitale Colombo, nell’entroterra dove la Comunità è presente dal 2005. La realtà della missione comprende 2 case famiglie, una per uomini ed una per donne, dove sono accolti giovani con disabilità mentale. La missione porta avanti anche un centro diurno aperto a tutti ed un doposcuola gratuito nel fine settimana per bambini.
Ciao a tutti! Sono Giovanna, sono arrivata in Srilanka quattro anni fa nella città di Ratnapura, dove la nostra Comunità ha aperto una realtà di accoglienza per disabili 15 anni fa.
In questi anni abbiamo accolto diverse persone anche per periodi brevi. Ora abbiamo 12 accolti, tra maschi e femmine, quasi tutti giovani con disabilità mentale. Inoltre, per dare una risposta educativa ed occupazionale ai nostri ragazzi, negli anni abbiamo allestito un centro diurno, aperto anche all’esterno, per garantire un sostegno alle famiglie con figli disabili, che non riuscirebbereo a gestire i loro figli a tempo pieno. Nel fine settimana abbiamo attivato anche un doposcuola per offrire un sostegno scolastico ai figli di molte famiglie indigenti.
In questa terra, di cultura prevalentemente buddista, la nascita di un figlio con qualche disabilità è una tragedia per la famiglia, non tanto per la fatica che comporta, ma soprattutto perchè è sentito come un ‘castigo divino’ per un male commesso nella vita precedente ( secondo la credenza della reincarnazione dell’anima!), castigo che deve essere scontato nella vita presente, per poter sperare in un migliore stato di reincarnazione nella vita futura.
Pertanto i genitori, una volta rassegnati al destino del Karma, dal momento che lo stato non offre aiuti economici e nemmeno percorsi educativi adeguati, tendono a tenere il loro figlio segregato in casa, oppure lo abbandonano in istituto.
Ed è proprio quest’ultima la condizione di tanti dei ragazzi che abbiamo accolto… come figli, che, abbandonati dai genitori, hanno bisogno di essere rigenerati….nell’amore!
Quando, appena arrivata nel 2016, ho trovato questi ragazzi in casa famiglia, alcuni dei quali senza neppure il certificato di nascita, ho cominciato a realizzare che, non solo avevano sofferto l’abbandono, ma non erano nemmeno riconosciuti come cittadini singalesi, figli di questa terra!!!
Negati della famiglia……negati della dignità di cittadini!!!
In questi anni di condivisione di vita con questi ragazzi, nella loro semplicità disarmante, nella straordinaria capacità di acccogliere chiunque si presenta a casa, nel loro bisogno profondo di esistere per qualcuno e di essere amati, ho scoperto un inestimabile ricchezza di umanità!
Un giorno, meditando tutto questo, ho pensato: “Ma guarda, siamo a Ratnapura – che significa città delle gemme – : qui arriva tanta gente da varie parti del mondo in cerca di gemme e pietre preziose, nella speranza di arricchirsi trafficandole poi nelle loro terre….In realtà – mi sono detta – sono questi nostri figli le gemme più prezione ed inestimabili di tutte!”
Infatti, pur con le loro ferite, sono capaci di attirare il cuore dei giovani volontari che vengono qui a fare servizio e di riaccendere in essi la gioia di vivere e di mettersi in gioco per il bene degli altri!
Diventano così costruttori di vera umanità per chi, stando con loro, si lascia coinvolgere nel loro donarsi a tutti senza maschere, nè veli, con la semplicità disarmante di chi non ha nulla da perdere, propria di quei “piccoli” esaltati da Gesù nei vangeli come coloro ai quali il buon Dio ama rivelarsi!
Ma….come anche le gemme preziose a volte non si riconoscono a prima vista, perchè si trovano in mezzo ai detriti e ad altri sassolini comuni, e quindi necessitano di essere lavate bene e poi intagliate in modo che la luce possa passarvi dentro e illuminarle facendole brillare…., così anche la preziosità dei nostri ragazzi si scopre solo stando con loro, curando le loro “ferite interiori”e prestando loro le attenzioni e l’amore necessario, perchè possano sprigionare la ricchezza di umanità che portano dentro e la luce divina che li abita!!!
Allora come “gemme viventi” possono davvero arricchire e rendere più autentica e bella la nostra umanità! E’ questa la loro grande missione!
Sono loro dunque i veri missionari in queste terre, a me spetta il compito di accompagnarli e condividere la loro missione, per farli conoscere e perchè siano riconosciuti come figli di Dio ……in questa splendida isola!!!